Racconti dei passeggeri
Silvio Di Renzo
Passeggero: Silvio Di Renzo
Data del viaggio: 15 Ottobre 1970
Nave: Michelangelo
Classe: Turistica
Rotta: Napoli – New York
“Non so che fine abbiano fatto i biglietti di viaggio che ricordo sono stati rilasciati dall’agenzia di viaggi, tutto quello che ho sono le memorie di quella traversata tanti decenni fa.
Ero poco di un ragazzino, avevo quindici anni, era Giovedì 15 Ottobre del 1970. Era una bella giornata, piena di sole. La Michelangelo partì dal porto di Napoli verso mezzogiorno, almeno credo che sia stato più o meno mezzogiorno, lentamente spostata lateralmente dal molo dai rimorchiatori, ricordo che ho avuto l’impressione che fosse la terra davanti a me che si muovesse, e non la nave. Lentamente cominciò a muoversi verso il mare aperto ed entro un’ora o due Napoli diventò un puntino sull’orizzonte.
In quel momento, pure a quella tenera età capii che parte di me sarebbe restata sempre lì, su quella Penisola, però non capivo perché dentro di me ci fosse tanto vuoto. Dopo tanti anni ricordo quel momento come se fosse ieri.
Il viaggio è stato più o meno regolare, senza sorprese, qualche giorno il mare era un po’ più mosso ma niente di grave.
Ricordo il cinema a bordo, una cosa un po’ strana del locale, se si può chiamar così, erano le varie entrate/uscite, cioè l’entrate dalla classe turistica erano in platea dietro, classe cabina o seconda erano in platea d’avanti vicino allo schermo e poi infine l’entrate di prima classe erano su in galleria. Era un buon metodo per mantenere tutti separati. Però c’erano i ragazzi come me che entravano in classe turistica ma uscivano dal cinema in classe cabina e così avevano accesso alla maggior parte della nave. Non so perché questo particolare mi è rimasto impresso.
Ricordo che io e una ragazza che si chiamava Ivette andavamo in “pattuglia” in seconda classe a guardare l’oceano proprio da sotto il ponte di comando dove uno dei ponti di seconda classe continuava attorno alla base delle sovrastrutture. Era il punto più avanti, più a prua della seconda classe da dove infatti si poteva vedere la grande prua andare su e giù nelle onde. Le povere anime in classe turistica non avevano diritto a questa magnifica veduta perché l’unico ponte esterno in turistica era proprio l’ultimo, quello più indietro a poppa. Sì, Ivette, come dicono gli Americani una “older woman” cioè una donna più vecchia, più anziana, lei aveva sedici anni, io solo quindici. Eh sì, l’innocenza dei quindici anni di quel tempo. Viaggiava col padre, erano diretti a Toronto, nel Canada. Chissà se sono ancora lì.
Un’altro particolare del cinema era la grandezza, che per una nave era enorme. L’ho capito qualche anno dopo in crociera sulla “Galileo Galilei” il cinema della quale era forse nemmeno metà della Michelangelo. D’accordo, la Galileo era molto più piccola della Michelangelo. Ricordo come mi appoggiavo sul passamano a poppa dove c’era l’asta della bandiera, che era il mio posto d’osservazione preferito, così diventavo parte della nave, a guardare le due bellissime colossali ciminiere che dondolavano tanto lentamente su e giù e a destra e sinistra di fronte all’orizzonte, mentre la nave continuava il suo viaggio verso New York.
La mia cabina era sul ponte C a poppa, il quale era il ponte passeggeri più in basso della nave. Rumoroso, ma più che altro tante vibrazioni perché le eliche erano molto vicine a noi. Essendo io e un signore Americano, una bella mattina l’ho chiuso a chiave in cabina perché credevo che fosse già uscito, invece lui era nel bagno. Io viaggiavo con la mia mamma e mia sorella, mi alzavo la mattina e mi recavo nella loro cabina un po’ più su nel corridoio, quindi il bagno nella mia cabina non mi era necessario. Menomale che in tutte le cabine c’era il telefono, pure in quelle più spartane di classe turistica, allora quel signore chiamò il servizio cabine e lo tirarono fuori. Il che mi ricorda che le serrature erano del vecchio tipo, all’antica per i tempi moderni, cioè il tipo dove c’era il buco alla porta dove si vedeva da una parte all’altra.
Un’altra cosa, se non sono in errore, era che le due gemelle erano fra le prime navi sul nord atlantico sulle quale tutte le cabine avevano i servizi propri e non per esempio un bagno in fondo al corridoio per non so quante cabine. A proposito di cabine, mi ricordo di un arredamento dove un giallo pallido era il colore principale, è un ricordo molto vago, come un sogno up po’ sbiadito, scolorito dal tempo.
Ricordo che Mercoledì 21 Ottobre 1970 era una bellissima giornata, seppure fredda, quando a prima mattina la nave attraccava a Halifax, Nova Scotia che I Canadesi chiamano le Provincie Marittime. I gabbiani si tuffavano a peso morto nel mare a prendere I pesci. Era completamente l’opposto il giorno successivo, Giovedì 22 Ottobre 1970, quando si arrivava a New York. Era una giornata brutta. Con la pioggia, la nebbia, il freddo, la visibilità era minima. I ponti esterni erano molto scivolosi perché bagnati dalla pioggia ed essendo rifiniti in legno. Credevo che a un certo punto, dal mio posto preferito, le ciminiere toccassero sotto il ponte di Verazzano, ma era stata solo un’illusione ottica.
La Statua della Libertà era appena visibile sulla sinistra e le torri gemelle erano appena in fase di costruzione un po’ più su sulla destra, quindi non c’erano. O almeno non erano visibili perché non erano alte abbastanza, specialmente con la pioggia. La Michelangelo continuò lentamente in direzione nord sul fiume Hudson e poi attraccò al pier 84 (molo 84). Non sono sicuro che sia stato numero 84, ma non so perché mi sembra che sia così.
Attraccammo a fianco della nave inglese “Queen Elizabeth II” cioè “Regina Elisabetta seconda”. Bella nave, enorme, un po’ più grande della sua vicina Michelangelo, però per me l’Italiana era più bella, con più stile, i ponti erano più ariosi, più aperti, forse perché non faceva rotte nordiche come l’Inglese. Sarà così.
Dopo qualche ora si sbarcava. Uno sguardo dietro ed era l’ultima volta che vidi quella nave. Chi l’avrebbe mai pensato che quei due gioielli dell’Italian Line avrebbero fatto una fine tanto triste?
Mi domando se da qualche parte, in qualche ufficio, ci sia un elenco passeggeri di quel viaggio. Chissà?”
Silvio Di Renzo