Reports from the crew members
Giovanni Belfiore
(Third Officer, Genova)
Crew member: Giovanni Belfiore
Task: Third Officer
Liner: Raffaello
Event: 25 October 1965, fire in the engine room
This story is temporary available only in Italian language
“Ero imbarcato sulla t/n Raffaello il 25 ottobre 1965, quale 3° Ufficiale. Il 31 0ttobre del 1965, la nave era in atlantico alla sua quinta traversata, era entrata in linea nel luglio dello stesso anno); erano le 12.30 di domenica e la nave aveva appena lasciato alla sua destra l’isola di Flores, ultima verso la rotta per New York, delle isole Azzorre: mancavano 1800 miglia per la costa americana.
Le previsioni meteo non erano delle migliori, anche se per il momento la nave con gli stabilizzatori era priva di movimenti di rollio e beccheggio.
Il comandante Oscar Ribari – triestino – al suo penultimo viaggio compiva 60 anni a novembre) era nei pressi del salone da pranzo di prima classe in attesa di recarsi al suo tavolo con tutto lo stato maggiore della nave. Io ero sul ponte di comando per le pratiche che seguono il punto nave di mezzodì e la compilazione dei telegrammi di posizione e di previsione arrivo per il sistema di controllo traffico della US Coast Guard.
Alle 13.00 il 2° ufficiale di macchina telefona sul ponte di comando “incendio in macchina locale poppiero presso il turboalternatore n°6 (la Raffaello aveva due locali motrice distinti, per motivi bellici, con ausiliari e comandi indipendenti).
Immediatamente si da l’allarme alla squadra VV.FF. e si avvisa il Comandante in 2° di informare il Comandante e resto sul ponte per seguire lo sviluppo della situazione, poi mi reco nel locale macchina.
Il locale era invaso dal fumo, il fuoco usciva come un lanciafiamme dal turboalternatore, in quanto era saltata la guaina del termometro temperatura olio del carter con fuoriuscita d’olio in pressione che si era subito incendiato in contatto con le valvole d’espansione vapore.
L’aria era irrespirabile e quindi il Direttore di macchina ordinava di abbandonare il reparto e preparare tutto per allagare di co2 la sala macchine poppiera, nell’attesa di un controllo per appello del personale nel dubbio che ci potessero essere macchinisti ancora nel locale.
…. Trascrivo testualmente quanto scritto da EPOCA il 14 novembre 1965 nell’articolo riguardante la Raffaello.
“Accorsero le squadre antincendio: gli uomini si legarono l’uno all’altro con funi d’amianto e si avvicinarono alla barriera di fuoco.
In certi settori la temperatura arrivò a livelli altissimi fondendo il vetro delle lampadine.
Il secondo ufficiale Roberto CARDONA tentò un’impresa disperata, e ci riuscì: fece calare lungo il tunnel dell’albero dell’elica alcuni estintori di gran capacità poi vi s’infilò lui stesso con un gruppo di volontari.
Così riuscì ad aggredire il fuoco alle spalle …….La lotta contro il fuoco durò fino alle 14.45 quando furono aperti i condotti d’areazione…”
I danni erano ingenti, ma non impedivano alla nave di essere in sicurezza.
Il quadro elettrico di poppa era completamente distrutto, ma sia la turbina poppiera sia gli altri turboalternatori erano intatti.
Le condizioni del tempo peggioravano e prima di ripristinare i collegamenti con il quadro elettrico del locale macchina prodiero ci volevano più di 24 ore. Il comandante Ribari decise di invertire la rotta e tornare a Genova.
Il suo gesto fu criticato dai vertici della Società ITALIA di Navigazione e dalla stampa nazionale; ma nel vecchio uomo di mare prevalse il buon senso e la certezza di riportare a “casa” le 2300 persone fra passeggeri ed equipaggio.
Si procedeva ad una velocità ridotta a circa 16 miglia con una sola elica ed era difficoltoso per il timoniere mantenere la giusta rotta.
La nave arrivò a Genova il 5 novembre.
Una commissione d’inchiesta stabilì che l’operato del comandante Ribari e del suo equipaggio era stato irreprensibile…. Qualcuno disse alla commissione d’inchiesta ministeriale che il 2° ufficiale Roberto Cardona meritava un’onorificenza al valore.
La Raffaello, giudicata da tutti in tutto il mondo la più bella nave d’ogni tempo, con la gemella Michelangelo, finirono la loro vita in Iran (Golfo Persico) come caserme galleggianti per la Marina Imperiale Iraniana.
Dopo la rivoluzione e la caduta dello Shah sono state abbandonate e saccheggiate e quindi distrutte nei vari eventi bellici che colpirono la regione”.
Giovanni Belfiore
Genova, 10/4/2009